
Una storia per ogni lettera dell'alfabeto: la lettera B.
Il meccanico Bumba del reparto giocattoli dei grandi magazzini “La Rimanenza” di Milano stava osservando pensieroso un grosso elicottero che si era rotto cadendo dallo scaffale più alto della sezione “giocattoli automatici”. La carlinga era finita in mille pezzi e non era più recuperabile, ma il motore era intatto. Bumba lo estrasse delicatamente e lo rigirò tra le mani. Poi si guardò intorno e i suoi occhi si illuminarono quando lo sguardo si posò sul gruppo delle biciclette appoggiate alla parete est del reparto.
Quando il meccanico si avvicinò sorridendo alla sezione “giocattoli a pedali”, tutte le automobiline, i tricicli e le biciclette fremettero di piacere.
Essi sapevano che sotto la tuta di Bumba
si nascondeva un vero genio delle lampade rimasto disoccupato quando il suo ultimo padrone aveva gettato via distrattamente la sua lampada-casa. Bumba arrivò davanti a una normalissima bici da bambino, la prese e la portò nel suo laboratorio. Poi chiuse la porta e s’immerse nel lavoro. Dapprima smontò il motore dell’elicottero, poi aprì il carter della bicicletta, tolse la catena, mise al suo posto il motore e lo rimontò accuratamente. Alla fine richiuse il carter e riportò la bicicletta nella sezione est dei grandi magazzini.
La bicicletta, che si chiamava Belinda, era sbalordita:
si sentiva come un bambino a cui hanno messo l’apparecchio ai denti, perché il motore dell’elicottero le dava un po’ fastidio. Mentre se ne stava lì silenziosa al suo posto, vide arrivare due bambini. Erano Bice e Bruno: tutti i giorni venivano ai grandi magazzini “La Rimanenza” per ammirare, attraverso la grande vetrina luminosa, la bicicletta che avevano progettato di comperare. Bice aveva una simpatica frangia tipo spaghetti crudini sugli occhi, Bruno era tutto riccioli e sguardo birichino. I bimbi appoggiarono mani e naso al vetro e guardarono incantati la bicicletta col motore dell’elicottero. Belinda ricambiò il loro sguardo con affetto, ma si sa che gli occhi delle biciclette sono invisibili, così i due bambini non si accorsero di nulla. “Domani” sussurrò Bice “domani la potremo comperare, ormai mancano solo gli ultimi euro”.
Poco dopo calò la notte,
la luna si accese nel cielo e uscirono anche le stelle.
A mezzanotte tutti i giocattoli si svegliarono e il reparto fu invaso da un gran baccano: i trenini si misero a correre sulle rotaie, i piccoli aerei a volare; le automobiline sfrecciarono veloci; le bambole parlavano, piangevano, ridevano, camminavano, prendevano il latte dal biberon e poi facevano tutte insieme la pipì. Un cagnolino abbaiava e faceva le capriole, un pagliaccio strabuzzava gli occhi; tutti cercavano di divertirsi come potevano. Anche Belinda si mosse e cercò di sgranchirsi un po’ i pedali. Pensava di andare a trovare Bobo, un suo amico orsacchiotto, che stava dall’altra parte del locale, nel reparto “pupazzi e peluches”.
Belinda era una bicicletta molto servizievole e spesso portava a passeggio, sulla sua sella, i giocattoli non automatici che senza di lei non avrebbero potuto muoversi. Quella notte per l’appunto avrebbe dovuto portare Bobo da una coniglietta di plastica della quale l’orsacchiotto si era innamorato. Scivolava leggera sul pavimento quando, cercando di accelerare, si accorse che stava volando. Si fermò sbalordita a mezz’aria e poi, vedendo la finestra aperta, senza pensarci due volte volò fuori.
Si trovò sopra ai grandi magazzini; era così in alto che le sembrava di poter toccare le stelle. La luna bagnava d’argento i tetti delle case di Milano, creando laghi fantastici e ombre strane. Belinda atterrò su un tetto e si guardò intorno incuriosita. Vide coppie di gatti che sussurravano nel buio e vide sotto le grondaie i nidi in cui dormivano le rondini. Stava guardando intenerita un rondinotto che sognava col capino sotto l’ala, quando sentì un leggero frullo d’ali e uno zampettio esitante. Aguzzò lo sguardo e finalmente scorse nel buio una vecchia rondine, che la guardava senza nascondere la curiosità.
Si trovò sopra ai grandi magazzini; era così in alto che le sembrava di poter toccare le stelle. La luna bagnava d’argento i tetti delle case di Milano, creando laghi fantastici e ombre strane. Belinda atterrò su un tetto e si guardò intorno incuriosita. Vide coppie di gatti che sussurravano nel buio e vide sotto le grondaie i nidi in cui dormivano le rondini. Stava guardando intenerita un rondinotto che sognava col capino sotto l’ala, quando sentì un leggero frullo d’ali e uno zampettio esitante. Aguzzò lo sguardo e finalmente scorse nel buio una vecchia rondine, che la guardava senza nascondere la curiosità.
“Piacere, rondine Brigida, tenente colonnello e capo-stormo” disse improvvisamente la rondine, presentando con grande solennità l’ala tesa.
“Piacere, bicicletta Belinda, da oggi eli-bici, cioè bicicletta volante” rispose Belinda tendendole il pedale.
Brigida e Belinda parlarono a lungo. Belinda raccontò la sua avventura e Brigida, che soffriva d’insonnia, narrò la sua vita, dilungandosi soprattutto a parlare dell’Africa, dove le rondini emigrano quando da noi arriva il freddo. Belinda, vedendo l’entusiasmo di Brigida, sentì nascere dentro di sé il desiderio di vedere quei Paesi così belli.
Quando la luna se ne fu andata e le stelle si furono spente,
prima che il disco del sole inondasse la terra con la sua luce, Belinda tornò al suo posto, nel reparto giocattoli dei grandi magazzini. Alla solita ora, arrivarono Bice e Bruno. Con le mani che tremavano per l’emozione, indicarono Belinda e pagarono il prezzo richiesto per portarla via. Poco dopo uscivano tenendo la bicicletta ben impacchettata tra le mani. Belinda guardava i suoi amici giocattoli salutandoli silenziosamente e, mentre i bambini la facevano uscire dalla porta, vide brillare il sorriso furbo di Bumba il meccanico.
Un poco più tardi bicicletta e bambini
arrivarono in una modestissima casa di periferia. I bambini scartarono la bicicletta e l’accarezzarono a lungo. “Ora ti stancherai molto meno durante il giro per consegnare il latte” disse Bice. “Credi che piacerebbe a papà?” chiese Bruno. “Sicuramente” rispose Bice con convinzione.
La bicicletta aprì bene le orecchie e seppe così che il papà dei due bambini era andato in Africa per lavorare, ma l’aereo sul quale viaggiava era precipitato e i passeggeri non erano più stati ritrovati. All’imbrunire, quando i due bambini si furono addormentati, Belinda aveva preso una decisione importante.
Leggera leggera uscì dalla finestra
della casa di Bice e Bruno e volò sul tetto dei grandi magazzini “La Rimanenza”. Trovò ad aspettarla la vecchia Brigida, che le diede una notizia importante: il Gran consiglio delle rondini aveva deciso che lo stormo sarebbe partito l’indomani stesso.
“Potrei venire con voi?” chiese Belinda.
“Certamente” disse Brigida “stavo proprio per proportelo. Potresti stare nella retroguardia e chiudere lo schieramento delle rondini. Potresti fare da bicicletta ambulanza e portare i rondinotti che non ce la fanno a volare a lungo. Così risparmieremmo molto tempo e arriveremmo prima alla meta”.
“Ti dispiacerebbe se portassi con me due bambini?” chiese timidamente Belinda.
“Bambini? Di quali bambini si tratta?” esclamò severamente Brigida. Un po’ intimorita, ma con molta convinzione, Belinda raccontò la storia di Bice, Bruno e del loro papà. Un attimo dopo Brigida era in azione e nel giro di un’ora riuscì a convocare un’altra volta il Gran consiglio delle rondini.Blince, una giovane rondine dalla vista particolarmente acuta, ricordò subito di aver visto la carcassa di un aereo precipitare nei pressi di un villaggio africano, al limitare della savana.
“Vai a prendere i bambini, si parte!”
gridò emozionata la vecchia Brigida.
Belinda arrivò nella casa di Bice e Bruno proprio poco prima che i bambini si svegliassero.
"Ecco la nostra bella bicicletta" esultò Bruno, mentre si alzava dal letto, e subito volle salire in sella a Belinda e pedalare nel giardino. Quando i pedali si mossero, la bicicletta si alzò da terra. Bruno gridò e Bice lo fissò terrorizzata. Il bambino smise di pedalare e la bicicletta scese dolcemente a terra. Bruno pedalò di nuovo e la bicicletta si alzò; il bambino smise di pedalare e la bicicletta si abbassò. Bruno provò ancora un po’ di volte e poi, rassicurato, invitò sua sorella a salire con lui sulla bici. Un po’ impaurita Bice salì e Bruno cominciò a pedalare. Pedalò e pedalò.
Si alzò sopra gli alberi del bosco, sopra alle case del paese, salì fino alle nuvole. I due bambini guardavano estasiati il cielo azzurro e limpido, le nuvole soffici, gli uccellini che li accompagnavano incuriositi. Volarono a lungo e videro cose stupende: le case sembravano giocattoli, le persone formichine, i fiumi erano nastri d’argento, i laghi tappetini di velluto.
Dopo che i bambini si furono un po’ divertiti, Belinda volò con loro sul tetto dei grandi magazzini.
Lo spettacolo che videro era straordinario.
Tutte le rondini erano schierate sui fili della luce: disciplinate e attente venivano passate in rassegna da Brigida e dalla sua attendente Brusca. All’appello mancava solo il rondinotto Briccolo, che arrivò all’ultimo momento trafelato e rosso di vergogna: si era fermato a litigare con il suo amico paperotto che gli aveva rubato alcune figurine (almeno così diceva lui). Finalmente ora c’erano tutti: si poteva partire. Brigida diede il segnale e tutte le rondini si alzarono in volo. La formazione a V era perfetta, il frullo delle ali impressionante. Bice e Bruno guardavano affascinati, Belinda si alzò e si accodò allo stormo. Volarono e volarono; ogni tanto un rondinotto stanco si posava sul manubrio di Belinda o sulle spalle di Bice e poi riprendeva rinfrancato il suo volo.
Qualche giorno dopo eccoli sopra il deserto africano.
L’immensa distesa di sabbia assumeva di volta in volta colori diversi passando dal marrone scuro al rosso, all’arancione, al giallo, al bianco e perfino all’argento. I bambini e le rondini si fermarono in un’oasi a riposare un po’ e poi ripresero il volo. Arrivarono sopra la foresta equatoriale: un intrico di rami e di foglie, alberi altissimi su cui giocavano le scimmie, tronchi secolari e insidiosi serpenti. Al tramonto furono sopra la savana. L’erba alta sembrava incendiata dai raggi del sole, mentre gli animali tornavano alle loro tane. I due fratellini videro leoni e ghepardi correre a perdifiato inseguendo l’ultima gazzella impaurita e videro anche i grossi elefanti scendere a bere l’acqua di un laghetto, dove sonnecchiava un coccodrillo e camminava lento e goffo un ippopotamo. Finalmente Blince scorse la carcassa dell’aereo caduto e guidò lo stormo con sicurezza fino a un piccolo villaggio.
Viste dall’alto, le capanne circolari sembravano le casette di un presepe.
Belinda scese insieme alle rondini e subito si accostarono a loro alcuni bambini incuriositi. Bice e Bruno, che avevano visto i resti dell’aereo e capito le intenzioni di Belinda, chiesero a gesti notizie del loro papà. I bambini capirono e condussero i due fratellini in una capanna, dove giaceva su una stuoia un uomo magro con gli occhi lucidi per la febbre. I fratelli sentirono il cuore che faceva le capriole per l’emozione e riconobbero senz’ombra di dubbio il loro papà. Lo abbracciarono con grande tenerezza.
Seppero da lui, più tardi, che era stato raccolto ferito dagli abitanti del villaggio, che poi l’avevano curato e nutrito. Nei giorni seguenti i due fratelli si occuparono con sollecitudine del papà, pur partecipando attivamente alla vita del villaggio...
SCEGLI IL FINALE CHE PREFERISCI, OPPURE INVENTANE UNO TU!
PRIMO FINALE
Quando finalmente il papà si fu ristabilito, giunse il momento di ritornare a casa. La famiglia riunita salutò con riconoscenza la gente del villaggio, baciò le rondini, partì in sella a Belinda… e poco dopo era di ritorno: l’Africa era troppo bella e gli africani troppo buoni per andarsene davvero. Era meglio restare lì per sempre!
SECONDO FINALE
Il papà di Bice e Bruno guarì e tutta la famiglia partì in sella a Belinda per ritornare a casa. Invece … ci credereste? Qualche giorno dopo erano tutti al Polo nord, tra gli orsi bianchi, i caribù e gli ermellini. Scivolavano sul ghiaccio e nel mare s’incontravano con foche e trichechi. Poi partirono per la foresta amazzonica e in seguito andarono a visitare la Cina. Si divertivano così tanto che non pensarono mai più di tornare a Milano.
TERZO FINALE
Il papà di Bice e Bruno guarì e tutta la famiglia in sella a Belinda ritornò a Milano, tra le luci della pubblicità e le strade affollate. Ritrovarono gli amici, le maestre e i compagni di scuola, ai quali raccontarono la loro avventura. Nessuno però ci credette, tranne la maestra d’italiano, che scrisse per loro la fiaba che avete letto.
GUARDA LA BICICLETTA BELINDA CHE VOLA: QUALE LETTERA FORMA?
Mariarosa Tettamanti
Immagine di copertina tratta da "ABC Lettering" di Dangerdust