
Una storia per ogni lettera dell'alfabeto: la lettera E
I primi raggi del sole avevano superato il fitto fogliame della foresta equatoriale e stavano scivolando silenziosi sulle radici dei grossi tronchi, quando il popolo dei gorilla si svegliò. Mentre i suoi fratelli si stiracchiavano scrollandosi via l’umidità della notte, Elio, con tutta la forza della sua piccola volontà, volle provare a riaddormentarsi. Strinse gli occhi e cercò di aggirare il peso che aveva sul cuore, per ritrovare la calma della notte. Pensò che non voleva più vivere né giocare con gli amici, dopo la scoperta del giorno precedente, ma, nonostante i suoi sforzi, non riuscì ad evitare di pensare alla sua situazione. Da mesi, ormai, ogni volta in cui cercava senza riuscirci di arrampicarsi sugli alberi e di afferrare le foglie con le mani, come facevano i suoi fratelli, avvertiva un senso di malessere insopportabile. Provava e riprovava da solo, vergognandosi della propria incapacità, ma le sue zampe anteriori restavano ferme sul terreno, come se fossero incollate. Allora piangeva di nascosto, fino a quando l’allegria degli amici non riusciva a coinvolgerlo ed egli si univa al loro gioco. I giovani gorilla gli volevano bene e non si accorgevano neanche della sua lentezza. Lo usavano come cavalcatura e si divertivano con lui. Il giorno prima, però, mentre andavano tutti in fila in esplorazione, dietro al maestro, nell’erba della radura, Elio aveva visto stagliarsi nettamente, al fianco di ciascuno dei compagni, un’ombra nera, che li seguiva ovunque andassero. Si accorse subito della grande differenza: l’ombra degli amici e anche quella del maestro mostrava dei gorilla semidiritti sulle zampe; la sua invece era soltanto un ammasso informe, con quattro grosse zampe che appoggiavano sul terreno... Elio non aveva le mani! Ecco perché non riusciva a strappare le foglie! Era una cosa terrificante. Si staccò subito dalla fila degli amici e si nascose tremante nel fitto fogliame del sottobosco. Gli sembrava che persino i fili d’erba e le foglie ridessero di lui. Continuò a tremare per un bel po’, singhiozzando piano, finché, calata la sera, tornò alla radura dove il branco si stava coricando. Cercando di non far rumore, si avviò vergognoso al suo posto e si addormentò.
Il risveglio, come già sappiamo, fu doloroso
ed Elio non seguì i fratellini che andavano a scuola. Quando il sole fu alto nel cielo, il piccolo aveva preso la sua decisione: sarebbe partito in cerca di ... di che cosa nemmeno lui lo sapeva, ma qualcosa doveva sicuramente trovare. Avvertiva confusamente il bisogno di rispondere a una domanda importante, ma ogni volta in cui cercava di formularla nella sua testa la sentiva fuggire via. Eppure senza quella risposta, questo lo sapeva molto bene, non avrebbe potuto vivere... Ma come poteva trovare la risposta a una domanda che non conosceva?Elio camminò sconsolato per molte ore,
dimenticandosi persino di mangiare e cercando di non guardare l’odiata ombra che lo seguiva fedelmente, finché arrivò al limitare della foresta, proprio dove incominciava la savana. Si fermò per riposare e, guardandosi intorno, vide che il disco del sole si era liquefatto nel cielo e si era scomposto in tante strisce rosse e arancioni. Per un po’ dimenticò i suoi guai e contemplò affascinato la luce strana che avvolgeva la savana.Quando si riscosse,
vide due occhi furbi e nerissimi che lo guardavano incuriositi e sentì una voce birichina che gli chiedeva: - Chi sei? Non ti ho mai visto nella savana prima d’ora - Sono Elio - rispose il piccolo e stava per aggiungere - Sono un gorilla - ma si fermò improvvisamente. Qualcosa lo tratteneva, qualcosa come un’idea oscura che aveva preso forma dentro di lui. - Elio - disse la voce, che apparteneva a un musetto grazioso - Elio - ripeté con una sfumatura di vanità senza tuttavia smettere di essere gentile: - Mi piace questo nome, sì mi piace… Giochi con me Elio? - Il piccolo dimenticò immediatamente di essere brutto e goffo e seguì la nuova amica tra l’erba della savana. Giocarono e parlarono a lungo. Elio seppe così che la compagna si chiamava Elisa ed era una cucciola di ghepardo. La cosa più stupefacente era il fatto che anche Elisa non aveva le mani, proprio come lui; aveva solo quattro magnifiche zampe ben ferme sul terreno. - Non ti dispiace di non aver le mani? - le chiese Elio appena riuscì a superare la timidezza e la vergogna. - Le mani? Cosa sono le mani? I ghepardi non hanno le mani!- rise Elisa e si mise a saltare e correre tra l’erba. Elio ebbe un sussulto di gioia e pensò: - Ecco perché non ho le mani! Sono un ghepardo anch’io, come Elisa. I ghepardi non hanno le mani! - Intanto i due amici erano arrivati nei pressi di un laghetto che il sole aveva prosciugato, lasciando al posto dell’acqua una distesa di fango caldo e appiccicoso. Poiché la sera stava dipingendo di ombre scure la savana, i due piccoli si sdraiarono nel fango. Elio, sentendosi ormai un ghepardo, guardò bene la sua amica e l’imitò stendendo come lei le quattro zampe davanti a sé e abbandonando il corpo al calduccio del lago. Poi si addormentò beatamente: non era più arrabbiato con la sua ombra, anzi gli sembrava molto carina. Mentre i due amici dormivano, arrivò silenziosamente la mamma di Elisa. Sorrise vedendo la figlioletta accanto all’amico e si sdraiò vicino a loro, stendendo anche lei le zampe davanti, come fanno i ghepardi quando sono molto stanchi.Durante la notte il fango seccò,
e al mattino, quando i ghepardi si svegliarono, trovarono la loro orma impressa nella terra indurita. Elio guardò le impronte e quello che vide lo lasciò un’altra volta senza respiro. Nel fango c’erano infatti due forme uguali e una diversa. Quella diversa era la sua. L’impronta lasciata da Elio era più grossa e informe delle altre due e inoltre aveva sul muso una lunga zampa pendente: una quinta zampa! Questa volta Elio si sentì disperato.Senza salutare Elisa né sua mamma si rimise in cammino.Tra sé diceva:
“Non sono un ghepardo, non sono un gorilla; ma cosa sono io?”. Improvvisamente si fermò. Ecco qual era la domanda che lo tormentava da quando era andato via dal campo dei gorilla:
Questo era il quesito! Elio si sentì rinfrancato: la scoperta di una domanda così importante gli dava una certa sicurezza, anche se la cosa principale, e cioè la risposta, era ancora da cercare. Era solo un ghepardo deforme con una quinta zampa pendente dal muso o era qualcos’altro? Il cucciolo non lo sapeva, ma capiva che avrebbe dovuto cercare la risposta finché l’avesse trovata, fosse pure per il resto della sua vita.
Chi sono io?
Questo era il quesito! Elio si sentì rinfrancato: la scoperta di una domanda così importante gli dava una certa sicurezza, anche se la cosa principale, e cioè la risposta, era ancora da cercare. Era solo un ghepardo deforme con una quinta zampa pendente dal muso o era qualcos’altro? Il cucciolo non lo sapeva, ma capiva che avrebbe dovuto cercare la risposta finché l’avesse trovata, fosse pure per il resto della sua vita.
Camminò e camminò,
finché arrivò nei pressi di un bellissimo lago. Si fermò a guardarlo affascinato. L’acqua limpida brillava sotto il sole muovendosi appena. Sembrava il grembo di una grande mamma quieta e dolce e il piccolo Elio si sentì ancora più piccolo e indifeso. Si accovacciò sulla riva del lago e avvertì un nodo duro nella gola. Non voleva piangere perché capiva che doveva essere forte: aveva una missione da compiere e finché non l’avesse compiuta non avrebbe pianto. Per distrarsi osservò alcuni uccellini colorati che giocavano volando. Quando sfioravano l’acqua, il lago s’increspava un poco e muovendosi si allargava. Allora i colori riflessi si allungavano e si mescolavano, creando forme strane e incantevoli. - Colori liquidi - pensava Elio e sentiva finalmente che il suo dolore si addolciva.Quando si fu riposato, si alzò piano
e si avviò verso l’acqua. Voleva entrare a bagnarsi i piedi stanchi… Ma non appena ebbe immerso le zampe anteriori si fermò di colpo. Riflesso nell’acqua c’era un animale stranissimo che ad Elio parve molto brutto. Doveva essere per forza un pesce, visto che stava nell’acqua. Aveva due grandissime e ridicole orecchie e, quel ch’è peggio, un lungo naso spropositato. - Mamma mia che mostro- pensò Elio e fece per andarsene. L’animale lo seguì. - Che cosa vuole questo qui? - si chiese il cucciolo fermandosi. Anche l’animale si fermò. - Che cosa vuoi? - domandò esitante Elio, ma l’animale strano non rispose. Elio era perplesso e non sapeva proprio che cosa fare, quando sentì una risata scoppiettante alle sue spalle. - Chi ride? - disse Elio inquieto. - Sono io, sono il colibrì - rispose la voce di un uccellino che volava lì vicino. - Sei tu che mi fai ridere. Perché parli con la tua immagine riflessa nell’acqua?--La mia imma ...- stava dicendo Elio, ma si fermò inorridito. Quel mostro che lo guardava dal lago era lui? Quelle orecchie terribili e quel naso orrendo erano suoi? Oh no, non era possibile. Il piccolo non voleva crederci.Scappò via dal lago e andò a rintanarsi tra il fogliame fitto,
al limitare della savana. Si scavò una piccola tana tra le foglie e pensò che non sarebbe mai più uscito. Rimase nascosto due giorni, ma poi la fame si fece sentire ed allora uscì in cerca di cibo. Dopo che ebbe mangiato stette meglio e trovò il coraggio di pensare alla sua situazione: dunque lui, il piccolo Elio, era un animale molto brutto, anzi era il più brutto animale che avesse mai visto; non era un gorilla, questo era certo, e non era neanche un ghepardo; inoltre non era un uccello perché non volava nell’aria e non era nemmeno un pesce perché non viveva nell’acqua; non assomigliava a nessun altro animale: era Elio e basta. - Sono Elio e basta - borbottò sconsolato. Era Elio ed era brutto, e questo gli sembrava ancora peggio. - Un giorno scoprirò chi sono - si disse con forza, ma per la verità non sapeva se ci sarebbe veramente riuscito.Decise comunque di organizzare al meglio la sua vita
e incominciò con l’abbellire la tana in cui abitava. Ogni giorno usciva in cerca di cibo e ogni sera rientrava a dormire. All’inizio la consapevolezza d’essere brutto era un continuo tormento, ma poi si accorse che ci pensava sempre meno. Aveva molto da fare per abbellire la sua tana e cercare ogni giorno del cibo e questo gli dava un po’ di serenità. Cominciò a pensare che in fondo la vita nella savana poteva anche essere bella. Di notte la luce della luna bagnava d’argento ogni filo d’erba e le foglie splendevano ad una ad una. Le stelle che guardavano giù non vedevano differenze tra gli animali: a loro piacevano tutti, quelli belli e quelli brutti. Elio amava le stelle e gli piaceva pensare che anche loro amassero lui. Quando arrivava l’alba, la savana si rivestiva di una luce magnifica, e tutti i fiori uscivano dal buio come se una mano invisibile li dipingesse ogni mattina con cura. Elio si accorse che intorno a lui c’erano altri animali e cominciò a fare amicizia con qualcuno di loro.La prima amica fu Ella, la gazzella.
Aveva molti problemi e trovò nel cucciolo un buon ascoltatore. Una sera gli disse: - Come sei buono Elio! Tu mi ascolti sempre con gentilezza, sei proprio tanto gentile, davvero, sei tanto gentile - Elio conobbe anche una scimmietta simpatica ma birichina, che gli faceva sempre i dispetti. Un giorno perse la pazienza e la sgridò proprio severamente. - Come sei arrabbiato oggi Elio - disse la scimmietta - sei proprio arrabbiato e non mi piaci -.Un’altra volta gli capitò di spostare un grande tronco che ostruiva il passaggio nella foresta e una zebra di passaggio gli disse ammirata: - Come sei forte! -.Ogni sera Elio ripassava mentalmente ciò che gli avevano detto gli amici
e poi metteva insieme, come in un puzzle, tutti i giudizi su di lui, e li riponeva con cura nel sacchettino della sua memoria. Ogni tanto riprendeva i pezzettini del suo puzzle e cercava di rispondere alla domanda che ancora lo tormentava. - Io sono Elio - si rispondeva da sé -E sono un animale brutto, con quattro zampe, due grandi orecchie ridicole e un naso lunghissimo. Io sono anche gentile e forte e qualche volta sono arrabbiato, ma solo quando mi fanno i dispetti -.Un giorno elencò così bene i nomi delle stelle alla sua amica scimmietta che si sentì dire: - Sai, Elio, tu sei proprio intelligente -. Elio aggiunse anche questa informazione alle altre che teneva nella sua memoria. Così l’esistenza di Elio scorreva tranquilla, e sarebbe stata anche piacevole, se il piccolo non avesse avuto continuamente in testa la solita domanda. - Ancora non so chi sono io - si diceva Elio ogni tanto. - So tante cose di me, ma non so la cosa più importante -E tutto andò avanti così fino al giorno in cui
successe qualcosa e questo qualcosa cambiò la sua vita. Eppure quella giornata era iniziata nel solito modo: al mattino la luce dell’alba aveva dipinto i colori dell’erba e poi il sole si era alzato nel cielo e aveva scaldato affettuosamente la terra. Dopo mangiato, Elio si era accovacciato nel suo letto di foglie e quando i suoi pensieri cominciavano a confondersi e a dileguarsi incalzati dal sonno, la terra aveva cominciato a tremare. - Il terremoto! - aveva gridato il piccolo svegliandosi di soprassalto e si era precipitato fuori dalla tana. Lontano lontano vide arrivare una grossa nuvola di polvere e intanto il terremoto aumentava e la terra ne era sempre più scossa. Elio guardò affascinato e spaventato, fino a quando il mondo smise di tremare.
A poco a poco la nuvola di polvere scomparve
ed Elio vide un branco di grossi animali. Guardò meglio e sentì il cuore battere forte, anzi fortissimo. Credette addirittura che sarebbe schizzato via dal suo petto ed ebbe paura di morire. Quando finalmente riuscì a calmarsi un poco, si avviò sulle zampe malferme verso il branco. Neanche lui sapeva bene che cosa stesse facendo. Arrivò vicino ai grossi animali e si fermò. Avrebbe voluto gridare, ma non ci riuscì. Guardava, e due grosse lacrime scivolarono silenziose dai suoi occhi spalancati.Finalmente un cucciolo del branco si accorse di lui
e avvicinandosi gli disse: - Ciao, chi sei? -. Elio non riuscì a rispondere. Il cucciolo era perplesso e non sapendo cosa fare gridò a squarciagola: - Mamma, vieni a vedere! C’è qui uno che piange -. Arrivò un grosso animale, guardò Elio e ... quello che successe dopo fu soprattutto una gran confusione. Prima sentì chiamare: - Eliana, Eliana! - e il piccolo Elio non capiva perché questo nome scendeva nel suo cuore come una carezza. Era un nome così bello, così bello. Poi il piccolo si sentì stringere in un abbraccio dolcissimo e allora chiuse gli occhi, e pianse singhiozzando forte come non aveva mai fatto prima d’allora. Sentiva che tutto il dolore del mondo scivolava via dal suo cuore e gli sembrava di diventare leggero leggero. Nel silenzio si udivano solo i suoi singhiozzi e il sussurro dolce di Eliana: - Piccolo, piccolo mio - Elio seppe così di avere ritrovato la sua mamma e il suo branco e soprattutto seppe di essere un elefante.Quella notte non dormì
e nemmeno Eliana chiuse gli occhi. Non finiva più di coccolare il suo piccolino: voleva recuperare tutto il tempo che aveva perduto. - Non speravo più di ritrovarti - gli diceva - eri così piccolo quando ti ho perso, eri appena nato... ma sei proprio tu, ti riconosco perché sei bello, il più bel cucciolo di tutto il branco -. Elio sentiva la gioia salire piano piano nel cuore ed era una cosa davvero bellissima.Nei giorni seguenti
seppe che gli elefanti sono animali nobili e rispettati da tutti, nella savana e nella foresta. Inoltre imparò che il suo naso non era un naso, ma una proboscide, e che con una proboscide si potevano fare cose molto importanti, come strappare le foglie più alte, aspirare l’acqua da bere e perfino fare la doccia. Finalmente si sentì completamente felice: sapeva chi era, la sua missione era compiuta. Ora desiderava solo diventare un bravo elefante.
QUESTA E' L'IMPRONTA DI ELIO NEL FANGO. A QUALE LETTERA TI FA PENSARE LA SUA FORMA?
Vuoi giocare con la storia di Elio? Trova un dado da gioco, due segnalini e un compagno, scarica e stampa il percorso che segue e... buon divertimento!
Ora vai nel post Con Elio alla ricerca di identità, autostima e appartenenza: troverai giochi e attività divertenti.
Mariarosa Tettamanti
Immagine di copertina tratta da "ABC Lettering" di Dangerdust